06/07/12

Il Vescovo "volante". Di Florio Magnanini ( VOCE ). E, "Il vescovo incontra CL". Di Davide Cattini.

Mons. Cavina non finisce mai di stupire. Sta riuscendo a conquistare anche Florio Magnanini ( direttore di VOCE - www.voce.it - che mi ha concesso la pubblicazione qui sopra). Il suo articolo ( a parte qualche tipica "magnaninata anticlericale ", ma tant' è...) è veramente degno di nota. La copertina di questa settimana, poi !

Ho abbinato i due articoli, perché in entrambi è citato DON IVO. E l'osservazione di Magnanini,
 " UN OCCHIO AL CIELO, E UNO ALLA TERRA "....

Davide Boldrin



Carpi – Davanti ai giornalisti si è un po' schermito, dando a intendere che la visita di Benedetto XVI a Rovereto, primo, grande evento del suo episcopato, era stata una sorpresa e non un suo merito. Ma intanto ha buttato lì “…del resto lo sapete che ho lavorato alla Segreteria di Stato”. Gli stessi trascorsi vaticani hanno valso a monsignor Francesco Cavina, vescovo di Carpi, un soccorso da parte delle guardie svizzere che, se doveva essere inizialmente un simbolico gesto di vicinanza della Santa Sede alla Diocesi più colpita dal terremoto, si è rivelato in seguito un aiuto sostanziale per la vigilanza sull'ospedale e sul palazzo
vescovile durante il trasloco delle opere d'arte.  Ma poi lo si è visto, sentito e letto in decine di interviste rilasciate ai media nazionali e locali, impegnatissimo a richiedere l'aiuto delle diocesi più ricche; a sottolineare il sostegno dato dalle parrocchie e dai sacerdoti alle migliaia di sfollati; a rappresentare il dramma di un territorio che ha perduto 39 chiese su 43; a richiamare l'attenzione sui problemi di agibilità e restauro di un immenso patrimonio storico architettonico, a partire dalla Cattedrale di Carpi e dal Duomo di Mirandola; a sostenere l'urgenza di un recupero del Ramazzini. E, soprattutto, a impedire che la cortina del silenzio scenda sul cratere del sisma, perché, pratico com'è di giornali e televisioni, sa bene come funziona il circuito delle notizie. Con il terremoto, dunque, monsignor Cavina è diventato un Vescovo in prima linea e, insieme, in primo piano. Forte di una tempra e di caratteristiche personali di comunicatore che lo hanno segnalato come un caso a parte nella storia dei Vescovi di Carpi, verrebbe da inserirlo, pur in un contesto del tutto diverso, fra i numerosi sacerdoti – da don Zeno Saltini a don Ivo Silingardi, passando per don Armando Benatti, don Nino Levratti e don Vincenzo Benatti, senza dimenticare don Roberto Maletti precursore di tutti – che, con un occhio al Cielo, seppero tuttavia dar vita a notevoli e concretissime imprese sulla terra.  Dell'impresa terremoto, si è detto: fin dalla prima scossa del 20 maggio e dopo quelle terribili del 29, è apparso in mezzo a pietre e calcinacci di chiese e canoniche distrutte o lesionate, impegnato a consolare, incoraggiare, organizzare, mentre nel volgere di poche ore ha svolto sopralluoghi e mobilitato tecnici per farsi dare un quadro preciso dei danni subiti come neanche la Protezione civile e lanciato appelli. Il 10 luglio, poi, sarà in campo a San Martino Spino per la partita di solidarietà, accanto a Inzaghi, Baggio e Gattuso. Nei giorni distesi prima del dramma, invece, aveva colpito il suo modo di intendere e rappresentare l'impresa Chiesa. Tutti ricordano, per esempio, le immagini pubblicate dalla Gazzetta che lo ritraevano mentre si divertiva come un matto sull'autoscontro, in tenuta sportiva dentro la
bolla galleggiante sull'acqua e su e giù per gli altri giochi del Luna Park, dopo aver impartito la benedizione ai figli dei giostrai. Già all'incontro del Comitato per il Patrono in cui si inaugurava lo stand del gnocco, aveva fornito spunti sulla sua familiarità con il Vaticano, presentandosi con l'ufficiale amico che gli avrebbe poi portato l'aiuto delle guardie svizzere. Ha stupito tutti per il suo humour e la battuta pronta (“Non ancora” ha risposto al Consigliere comunale che lo aveva salutato con un “Santità”). E c'è chi giura di averlo visto fare jogging nelle stradine intorno a Santa Croce, accompagnato da un seminarista.  Ma le novità non finiscono qui. Con la folla di questuanti della Chiesa carpigiana che attendevano l'arrivo del nuovo Vescovo per sommergerlo con i loro problemi di mansioni, gerarchie, posizioni, soldi, risentimenti, gelosie e beghe interne che si trascinano da anni ha mantenuto un atteggiamento che si potrebbe riassumere in una citazione di ascendenza kennedyana: non chiedere alla Chiesa che cosa può fare per te, ma chiediti che cosa puoi fare tu per la Chiesa. Accompagnandola con la proverbiale metafora delle maniche da rimboccare.  Insomma, anche il più indifferente alle vicende della Chiesa locale non può non essersi reso conto che monsignor Francesco Cavina da Faenza, Vescovo di Carpi insediato da soli cinque mesi neppure tanto tranquilli (quattro decessi di sacerdoti, fra cui quello tragico del povero don Ivan Martini, e quattro scosse telluriche), ha inaugurato uno stile pastorale ed esibito un'antropologia sacerdotale decisamente diversi da quelli dei suoi predecessori. Tanto ingessati, formali, liturgici o, all'opposto, in cerca di facile popolarità erano quelli, quanto disinvolto, naturale, sciolto e per nulla demagogico è subito apparso lui.  Proprio questo spiega la simpatia e la curiosità che ha saputo destare, per un verso fra i giovani cattolici e per l'altro in alcuni ambienti della città, più sensibili agli affari che alla fede, piacevolmente stupiti dalla novità e dal piglio del prelato, capace di spiazzare con la sua amabile e “sportiva” disponibilità, anche frange della sinistra radicale. Questo è quel che appare dall'esterno. Ma l'impatto di una personalità come quella di monsignor Cavina sul governo della comunità dei fedeli non è stato meno dirompente, traducendosi soprattutto in una scelta di discontinuità. Intanto, essendo il suo un ruolo spirituale sì, ma non privo di risvolti amministrativi ed economico finanziari, ha lasciato intendere da subito che avrebbe scoperchiato tutto e che nulla doveva essere escluso dal suo controllo diretto dei conti. Per questa verifica, che ha coinvolto tutti gli uffici, a partire dall'Economato e dall'Istituto per il sostentamento del Clero, pare che monsignor Cavina abbia preferito rivolgersi a professionisti terzi, estranei alla Diocesi. La sola a opporre qualche resistenza, appellandosi alla propria autonomia, risulta essere stata la Caritas, disponibile a esibire il bilancio sociale e morale più che il conto economico e lo stato patrimoniale. L'attenzione ai numeri dei bilanci ha una spiegazione precisa: non sono stati pochi, i Vescovi di Carpi, che hanno aperto preoccupanti voragini, cedendo alle infinite pressioni che provengono dal variegato arcipelago cattolico. Monsignor Cavina ha fatto capire che con lui non sarà così.  Da Mirandola, prima che le cronache del sisma prendessero il sopravvento, chiedevano che un certo Diacono venisse prorogato nel servizio alla parrocchia? Risposta del Vescovo: sì, ma solo se ve lo pagate voi. Da Cibeno gli ripropongono il progetto – giacente da anni – di una nuova chiesa, a fronte di un'espansione del quartiere che la vecchia parrocchiale di Sant'Agata non è più in grado di recepire? Non se ne fa nulla: punto e basta. Per non lasciare adito a dubbi, davanti al Consiglio economico diocesano secondo qualcuno che c'era avrebbe poi sviluppato il seguente ragionamento: una delle prime cose che viene inculcata ai vescovi è preservare il patrimonio e farlo rendere. Più chiaro di così…  Quanto al personale, laico e religioso, nonostante abbia precisato subito che la Chiesa non fa nulla frettolosamente, ci ha messo niente a sostituire il Vicario e ad avvicendare i parroci di Limidi, Quartirolo e Gargallo, attingendo per lo più all'ambiente focolarino. Molti segnali, poi, fanno capire che un po' alla volta, pur assegnando il primo posto al dopo terremoto, arriverà a occuparsi anche degli altri uffici. Nel frattempo, tende a circondarsi di figure di sua fiducia, provenienti da Imola, come la suora che gli fa da segretaria e quelle che, fino a prima dell'inagibilità, accudivano la dimora vescovile. Perfino quando si è trattato di interpellare tecnici e ingegneri per accertare le condizioni di chiese e canoniche terremotate o per il progetto di messa in sicurezza della Cattedrale è ricorso a professionisti venuti da fuori, con grave scorno dei tecnici locali usi a ricever commesse dalla Curia.  La Chiesa, si dice, trae forza dalla propria fissità, ma poi risente anch'essa dei tempi che attraversa. Un approccio decisionista come quello di Cavina che un po' ricorda quello di Sergio Marchionne, nello spazzar via abitudini, piccoli privilegi, incrostazioni ereditate dal passato, concedendo poco all'ascolto dei sacerdoti-dipendenti, non potrà non registrare qualche contraccolpo. Al momento se ne coglie solo qualche segnale, ma si sa: le riforme non sono mai facili. Soprattutto quando avvengono all'insegna dell'aiutati che dio ti aiuta: un detto più calvinista che cattolico. 

Florio Magnanini


La comunità di Comunione e Liberazione ha incontrato monsignor Francesco Cavina. Al centro del dialogo la situazione attuale e come affrontarla
La vicinanza di Cristo è la roccia su cui ricostruire

Un incontro atteso e carico di affetto quello che la Comunità di Comunione e Liberazione ha riservato a monsignor Francesco Cavina, domenica 24 giugno presso la parrocchia del Corpus Domini. L’appuntamento doveva essere all’interno del programma della Festa più pazza ma per diversi motivi non è stato possibile e così tutto rimandato di una settimana. Dopo la messa il salone parrocchiale ha accolto tutti i partecipanti guidati dal responsabile di Cl di Modena Luca Rossi, di Carpi Nadia Bertelli, dall’assistente diocesano don Ivo Silingardi, pronti a salutare il Vescovo e a rivolgergli alcune domande con il cuore proteso alla visita del Papa e alla situazione post terremoto.
E’ Luca Rossi ad aprire il dialogo proprio sull’attesa di Benedetto XVI. “Lo sto attendendo come un figlio  attende la venuta del proprio padre. Lavorando col Papa a Roma, - ha confidato monsignor Cavina - mi ha sempre colpito di lui il coraggio di operare scelte che possono lasciare talvolta un po’ storditi e la semplicità con cui le propone, parlando sempre con verità e rendendo la verità accessibile a chi la cerca. Sul terremoto, ricordo in particolare alcune delle parole pronunciate dal Santo Padre alla Scala di Milano. In quell’occasione egli ha detto, tra le altre,  una frase che ha scosso molti: ‘Sembra che Dio non riesca più a guardare più in giù delle stelle’. E’ la domanda su Dio che molti si pongono in questi frangenti: ‘Dio dov’è? E se c’è, perché permette queste cose?’ La risposta che il Papa ha dato è stata: ‘In Gesù, che si manifesta e si esprime in una comunione di fratelli, in Gesù è la risposta di Dio’. Da qui, perché le parole diventassero concretezza, il desiderio del Papa di incontrare di persona i suoi figli feriti dal terremoto. Sono sicuro, conoscendo il Pontefice, la sua serenità, la sua dolcezza, la sua capacità nel porsi di fronte alle difficoltà, sono sicuro che la sua visita ci porterà pace e serenità, dando volto e concretezza a Gesù, che egli ama. Sono andato a vedere la Gambro a Mirandola. Un tempio della potenza umana ridotto in briciole che non può non farci chiedere che il nostro destino sia in mano a qualcuno di più grande delle nostre povere possibilità. La vicenda del terremoto deve portarci a riporci le domande vere della vita che presunzione e orgoglio ci eravamo dimenticati. Se non accettiamo di dipendere da qualcuno, da Dio, noi non possiamo avere consistenza. ‘Ritornate a Me e rivivrete’ dice la Bibbia con altre parole. Sono felice di essere qui tra persone che questo invito del Signore lo prendono sul serio e credo che insieme potremo tornare a sperare e a credere che il Signore ha per noi doni di bene e di pace.
Don Ivo con la sua proverbiale schiettezza non ha nascosto la consistenza della prova che sta sopportando il Vescovo in prima persona in questo avvio di ministero alla guida della diocesi di Carpi. “Come fa a resistere?” gli è stato chiesto, prima la perdita di tre sacerdoti e poi tutti guasti provocati dal terremoto.Tante persone – ha risposto monsignor Cavina - mi fanno sapere di essermi vicine chi nella preghiera, chi con manifestazioni d’affetto, altri anche con quel poco aiuto economico che mi possono dare. Il Signore si rende manifesto nei volti di queste persone. Io così non mi sento solo ed in questo mi sento sostenuto. Così il Signore mi fa vedere che non abbandona nessuno dei suoi figli. La vera forza della comunità è la comunione, il sentirsi che ci ritroviamo tutti in un ideale di vita che è una persona e che questa persona è Gesù. Il fatto di ritrovarci a ricordarci questa verità è il più bel modo di aiutarci ed il più bel modo per ripartire e ricostruire. Da soli non si fa nulla. Da soli si vive la solitudine. Nella comunione di fede, nella comunione ‘soprannaturale’ che nasce dall’essere tutti in Cristo, nasce la fortezza che ci permette di proseguire nel nostro cammino. In altre parole, il sapere che io oggi posso contare su di te, su di lei, su di voi e viceversa, è il modo con cui oggi il Signore parla a ciascuno e dice a ciascuno: ‘Coraggio, non abbiate paura, Io sono con voi’.

Tra i presenti all’incontro anche la famiglia di Rovereto scelta per portare il saluto dei terremotati al Papa.Quando i miei figli hanno sentito la proposta – spiega Rosa Gardini - che ci ha raggiunto di incontrare personalmente il Papa, erano indecisi. Non volevano fare parte di un protocollo. Poi don Massimo ci ha spiegato il criterio che lei aveva dato per la visita del Papa cioè che fossero solo persone “reali” ad incontrarlo, subito hanno riposto ogni obiezione. La ringraziamo di averci voluto così bene”.
“Per poter arrivare a questo risultato – ha spiegato il Vescovo – c’è stato un grande lavoro e convincere tanti che il Papa voleva incontrare la gente. La gente. I suoi figli. Per vederli in faccia, per vederne il cuore. E’ per questo che ad esempio lungo il percorso non ci saranno barriere e transenne. Ho ricevuto critiche per questo. Ma anche tanta riconoscenza. Il Capitano  dei Carabinieri di Carpi mi ha chiamato di persona per ringraziarmi perché gli avevo chiesto un carabiniere, un poliziotto ed un forestale che avessero operato per il terremoto. Mi ha detto tra l’altro: ‘Noi la ringraziamo tutti per la sensibilità e l’affetto che lei dimostra nei nostri confronti’. Credo che questi siano i segni che la Chiesa deve dare: la Chiesa vuole essere vicina alle persone. Non si può essere vicini a tutti, però la visita del Santo Padre avrà questo senso: un segno che parlerà della Sua vicinanza alle persone tutte delle zone terremotate, attraverso il segno di quegli alcuni che incontrerà concretamente”.

Davide Cattini


2 commenti:

  1. Sono due articoli molto Belli....quello di Magnanini è molto Impotante nella sua fisicità. Il Secondo mi emoziona perché c'ero e rimane un ricordo BELLISSIMO. Inutile Negarlo CAVINA conosce benissimo le potenzialità di questo territorio e con molta Umiltà si nè messo al servizio nella "Vigna del Signore". Il Vescovo è di una freschezza personale, che da tempo non si vedeva qui, dove l'ambiente risulta fin Troppo STAGNANTE. Non nego la mia ammirazione e un Modo speciale di salutarci.

    Andrea Taschini

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  2. Un Vescovo giovane, moderno, attuale, Mons. Cavina, che cura le anime ma pensa anche ai corpi, alle famiglie, creature del Signore. Vive e soffre la realtà del terremoto, come tutti coloro che lo stanno vivendo soffrendone i disagi della casa! Non fa giri di parole, ha un linguaggio schietto, che va subito al cuore del problema; mi piace.

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