Ci sono uomini veri. E omuncoli. Franco
Bizzoccoli, è stato uno di quelli veri. Lo conoscevo “ di fama “
anni fa. Mi stava anche un “ po' su”. Pensavo : “l'anarchico,
ma chi si crede di essere, quello ? “. Fino a quella volta in cui
ci fu in incontro pubblico a Carpi, tra lui e Aldo Brandirali. E li
vidi in verità quello che era. Un uomo vero. Attento. Aldilà delle
credenze. Poi imparai a conoscerlo. Un altro uomo vero, simile, ma
l'opposto in fatto di credenze ad esempio, è Don Ivo Silingardi.
Opposti ma uguali. Non riesco a spiegare la cosa scrivendo. Queste
sono cose umane, carnali. Divine.
Qui l'articolo su VOCE ( www.voce.it
) di questa settimana, di Mauro D'Orazi.
In fondo al post, la mia dedica, ad un altro
uomo vero, che ora, avrà capito cosa cercava.
Davide Boldrin
_______________________________________________
di
Mauro D’Orazi
Non
era uomo di scritture, Franco Bizzoccoli, ma uno straordinario
narratore, capace di riassumere in un soprannome, in un aneddoto o in
una definizione, sempre rigorosamente dialettali, un’intera
esistenza, un personaggio, un capitolo di storia cittadina. E’ per
questo che difficilmente si troveranno tracce autografe dei suoi
racconti, ma solo testimonianze orali messe per iscritto da qualcun
altro.
Fra
gli spunti preferiti delle sue narrazioni c’erano le figure tipiche
di Carpi, quelle che avevano scelto la marginalità, e proprio per
questo rappresentative di modi di essere e di vivere spontaneamente
alternativi che attraevano Franco Bizzoccoli, ne stimolavano l’indole
“arrovesciata” (in gergo, da arvèrs), gli facevano ammirare
tutta la carica di umanità, perduta invece dalla città indaffarata.
Ne
una, di queste testimonianze di Bizzoccoli. E’ dedicata alla più
famosa figura di vagabondo che si sia mai impressa nella memoria
cittadina, quella di Mesanòot,
al secolo Onesto Lazzaretti. L’ha raccolta Mauro D’Orazi per un
suo lavoro con un titolo – “Gli altri sognan se stessi e tu sogni
di loro” – che è una citazione da Fabrizio De Andrè e dal quale
provengono anche le immagini del servizio. Le frasi dialettali
riportate in neretto sono la più diretta testimonianza dell’incedere
narrativo di Franco Bizzoccoli (f.m.).
***
«Onesto
Lazzaretti – racconta Franco Bizzoccoli –, l’uomo sorridente
col fiore sul cappello, era un vagabondo, ma non ha mai steso la mano
o elemosinato per chiedere la carità, non si è mai umiliato a chi
aveva di fronte; così come lui hanno vissuto del loro, pur gramo
lavoro Piccinini
(il raccoglitore di cartone), la Mariina
Trintèina
con suo banco ambulante, l’Amaalia
di scatlòot (Amalia
Bulgarelli degli scatolotti) o la Corinna
èd Bòun
(di Boni, sorella del fotografo Severino Boni) che si dedicavano alla
raccolta di roba vecchia, stracci e a piccoli piccolissimi commerci.
Descrivere
queste persone con svilimento, cattiveria o superiorità è stato lo
stolto vezzo di alcuni carpigiani mediocri che, nella loro ansia di
emergere dal grigiore delle loro piatte e spente esistenze, si
divertivano in malafede a considerare queste persone delle macchiette
da deridere con compiaciuto disprezzo. È’ un’abitudine del
volgo, dell’ignorante, del cretino, dell’illetterato,
dell’invidioso che porta a caratterizzare chi è “diverso” o in
modo ridicolo o negativo. La gavetta di Mezzanotte non era un
cappello o una ciotola dell’elemosina; quella gamella gli serviva
per andare alla cucina popolare per ricevere la minestra. Era l’Eca,
l’Ente Comunale di Assistenza, che forniva questo servizio ed era
gestito da Amelio Turchi (detto Turcìin),
con Contardo Ferrari che governava la cucina. I cuochi erano due:
Berto e
al pèeder èd Romanciina.
Mesanòot
era
uno spettatore coprotagonista passivo, ma attento osservatore della
società cittadina in cui lui stesso era costretto a vivere. Ma non
era il mendicante e tanto meno il clochard
parigino: era un vagabondo. Gli piaceva il vino, ma a
nn éera mìa ’n imberiagòos,
ma non era un ubriacone. Non era né ridicolo, né negativo; non
apparteneva a queste due categorie. Era un “angelo” che
passeggiava leggero fra la folla. Non chiedeva niente, non ha mai
chiesto niente. Quàand
a gh éera di cretèin che
con spregio dicevano:
“Óo Meṡanòot
…” con
il solo scopo di prenderlo in giro, tentando di umiliarlo, lui si
limitava a rispondere dolcemente con un ineffabile sorriso. Mesanòot
te n l èe màai visst andèer in biciclètta o muntèer in simma a
un baròos o a cavàal; l à sèmmper girèe istèe e invèeren… a
pée.
Non lo si è mai visto andare in bicicletta o montare su un biroccio
o a cavallo, era sempre a piedi. D’estate con una giacchetta ṡliiṡa
e d’inverno cun
un tabàar
che gli aveva regalato l’avvocato Germano
Tunèel
(De Pietri Tonelli, repubblicano e anarchico, ndr),
figlio del fondatore del Ricovero del Viandante. Il suo percorso era:
la Casa del Viandante in
Cantaràana,
al
zóogh
dal balòun
(piazzale Re Astolfo) dove c’era la cucina popolare, i giardini
comunali con l’incontro con i piccioni, la casa dell’avvocato De
Pietri Tonelli.
L’avvocato,
vedendolo, allora gli domandava: “Onèesto
cum andòmmia?”
E gli stringeva la mano. Poi facevano i lavori di giardinaggio
insieme. Mentre Tonelli studiava o lavorava, Mesanòot
svolgeva
qualche lavoretto di pulizia o piccola manutenzione, ma mai dietro
ordine, solo per sua volontà.
Il
fondatore Tonelli aveva anche disposto una precisa clausola con la
quale si disponeva che il Ricovero del Viandante dovesse essere
tenuto in funzione, finché ci fosse stato un ospite e quindi finché
il Lazzaretti fosse stato vivo.
Con
percorsi non troppo chiari, negli anni Sessanta fu invece di fatto
soppresso assieme alla Casa del Povero di Galasso Bezzecchi e unito
ad altre Opere Pie; l’edificio fu venduto a una persona di comodo.
Così Mezzanotte dovette trasferirsi al Ricovero Tenente Marchi, che
allora aveva sede nel padiglione dietro l’Ospedale, a ovest.
Lì
godeva di ospitalità, ma con piena libertà di entrare e uscire
dalla struttura. Meṡanòot
al deṡgniiva
dal Vrée,
veniva da Rovereto, luogo natale della moglie, ma era originario di
Soliera, aveva abitato Cavezzo e nella syessa Rovereto località da
dove veniva anche al
maat Panèin (il
matto Panini), che stava in
Bevdéer
(via Cesare Battisti) e che una volta murò la porta di casa del
fratello per dissidi familiari. Rimasto vedovo, per un certo periodo
si accompagnò a Carpi con un’altra donna; non era un’unione di
sesso, ma di affetto, di calore umano, di condivisione
dell’indigenza; insomma tutto un discorso particolare che sèert
sumèer èd Chèerp (certi
somari di Carpi), che ironizzavano malamente su questi personaggi,
non possono certo capire e non capiranno mai. Convisse dunque in
Cantaraana
con una signora che aveva già un figlio, che fu mio compagno di
scuola di Bizzoccoli alla fine degli anni Trenta. Questi personaggi
avevano poi dei luoghi franchi, dei portoni particolari, allora
sempre aperti, in cui si potevano sedere e appartare: la casa del
cinema Fanti in via Mazzini, dove stava mia madre e tutte le case di
corso Alberto Pio che davano anche su via Rovighi, cioè le case
degli ebrei. Lì si poteva incontrare quest’umanità marginale che
cercava un
minùut èd rèechie (un
minuto di pausa). Come ‘Na
vciina cun i cavìi biàanch,
la
Magheritèina che
usava domandare l’elemosina con la frase: pèr
‘na pastlèina pèr la mé Armandèina, ch la stà mèel da murìir
a l uspidèel!”(per
una pastina per la mia Armandina che sta male da morire
all’ospedale). Piccinini
invece frugava e mangiava le verdure buttate via di scarto; a tale
proposito Plicio Pelliciari annunciava: il ristorante è aperto e
aveva Piccinini
sotto casa ch
al magnèeva in mèes
al russch (che
mangiava quello che trovava in mezzo agli scarti del pattume). Ma
anche Piccinini
non ha mai domandato niente, non ha mai elemosinato!
Anche
la Mariina
Trintèina
col suo banchino su ruote, o l’Amaalia
di scatlòot ch l andèeva a véeder (andava
a vetri), o la
Corinna èd Bòun
che, col suo perenne cappello di paglia in testa, andava a stracci.
Questo
perché facevano delle attività particolari, che consentivano loro
di vivere, pur nella povertà.
Meṡanòot
a nn è nisùun, la
Marina
Trintèina, cla puòosa, l’Amaalia di scatlòot cla sèmma… Erano
tutte frasi per irridere superficialmente e stupidamente queste
persone ed
esprimevano
il meschino compiacimento del povero nel vedere un altro povero,
messo peggio di lui. Si distorceva la realtà – conclude Bizzoccoli
– per pura e inutile cattiveria»
FRANCO BIZZOCCOLI
La dedica, a Franco Bizzoccoli. Non era forse un po' così ? : http://youtu.be/oza1gvGntLE
Ma non credo abbia perso. Bisognerà che scrivo a Papa Francesco, facendogli notare che " la bandiera dei poveri ", non è esatto che ce l'hanno rubata " i comunisti ". Forse siam noi cattolici che l'abbiamo messa nel cassetto ....
Davide Boldrin
come ha fatto a sfuggirmi questo articolo !!??? Grazie, sono la figlia di Franco ed é stata una piacevolissima sorpresa...
RispondiEliminaMi fa piacere 😊. Davide Boldrin.
EliminaE se cerca nel blog " Don Ivo ", forse avra' un'altra piacevole sorpresa. DB.
Elimina