Davide Boldrin
Fonte: www.carpi.chiesacattolica.it/
Non possiamo tacere e dobbiamo agire
Luigi
Lamma
La
cronaca quotidiana di questa estate 2014, oltre che dalle bizzarrie del clima,
è stata caratterizzata da un vero e proprio bollettino di guerra, non solo sui
fronti caldi sparsi in varie del mondo (gravissimo quanto accade in Ucraina,
nel cuore dell’Europa) che hanno portato Papa Francesco a parlare di terza
guerra mondiale, ma anche nel ripetersi di efferate violenze tra le mura
domestiche che hanno avuto come vittime donne e bambini, o l’angosciante
stillicidio di suicidi causati dalla crisi economica. Di fronte a questo
scenario cupo, forte è arrivato l’appello della Chiesa Italiana in occasione
della solennità dell’Assunta, a Ferragosto, a
restituirci motivi di speranza e di impegno: “Non possiamo tacere”. Un invito
raccolto dal Vescovo di Carpi, monsignor Francesco Cavina, che nell’omelia del
15 agosto ha affermato: “Oggi la nostra preghiera alla Vergine Santissima vuole
allargarsi e comprendere nel suo abbraccio la situazione drammatica di
centinaia e migliaia di nostri fratelli e sorelle nella fede che in Iraq
subiscono atroci persecuzioni tra l’indifferenza generale. Nello stesso tempo
chiediamo alla Comunità Internazionale di fermare l’avanzata delle milizie
islamiche, che distruggono non solo la comunità cattolica, ma anche altre
popolazioni e devastano statue, monumenti storici, centri culturali, chiese,
templi e moschee”.
L’Iraq
e la Nigeria, con le feroci azioni dei terroristi islamici e l’imposizione del
Califfato, sono sicuramente i luoghi dove si sta consumando una vera e propria
pulizia etnica e religiosa contro i cristiani, davanti alla quale la politica
internazionale pare incapace di una risposta in tempi utili a fermare la
violenza dell’aggressore. Nell’angelus del 10 agosto Francesco esprimeva così
il suo grido di dolore di fronte alle brutalità commesse: “Tutto questo offende
gravemente Dio e offende gravemente l’umanità. Non si porta
l’odio in nome di Dio! Non si fa la guerra in nome di Dio!”.
Una
situazione che pone serie questioni di carattere politico a livello
internazionale ma con ripercussioni anche a livello di nazioni e società
europee.
La
prima. “Fermare l’aggressore si deve” ha ricordato il Papa nell’intervista sul
volo di ritorno dalla Corea. Ma sugli strumenti da adottare si è aperto un
acceso dibattito e le diplomazie latitano, mentre i cristiani (e non solo)
muoiono e i terroristi avanzano nella conquista di città e regioni. La seconda. La
denuncia di quanto accade ai cristiani in Iraq e in Nigeria non può ignorare
che i responsabili di questi atti pur trattandosi di terroristi che usano in
modo strumentale la religione, hanno un riferimento ideologico ben preciso
nell’islam. Sul rapporto tra occidente e islam, sulla possibilità di dialogo
tra cristianesimo e islam, abbiamo sentito voci molto preoccupate da parte dei
Vescovi iracheni e più in generale si è constatato che il cosiddetto “islam
moderato” fatica non solo ad imporsi ma ad esprimersi con autorevolezza contro
queste violazioni dei diritti umani (c’è stata
forse qualche manifestazione di solidarietà ai cristiani da parte delle
comunità islamiche di casa nostra?).
Non
si esclude la possibilità di dialogo, anzi esso va sempre perseguito, ma come
ha ricordato Benedetto XVI al sinodo sulla nuova evangelizzazione “il dialogo è
in misura della forza della propria identità”.
La
terza. E’ evidente il rapporto tra quanto sta accadendo in Medio Oriente e più
in generale nei paesi mediterranei e il continuo flusso migratorio che vede
l’Italia come primo approdo e impegna il nostro paese in una
faticosa ed onerosa opera di accoglienza umanitaria dei profughi. C’è
preoccupazione sotto il profilo dell’ordine pubblico per l’esplosione della
conflittualità tra residenti e immigrati a causa della crisi economica, c’è il
rischio di ingigantire il numero di poveri, di facile manovalanza per la
criminalità.
Non
ci si può limitare alla denuncia o all’analisi delle questioni, peraltro qui
solo accennate, aperte da questo scenario. La Chiesa è mobilitata per offrire,
insieme alla preghiera (che tristezza però partecipare ad una messa e non sentire una parola
di vicinanza ai cristiani perseguitati e martiri) una generosa solidarietà
verso comunità così provate e costrette a fuggire dalla propria terra
attraverso l’accoglienza in Italia, se necessario, e con gli aiuti economici
per sostenere le necessità dei profughi. “Una pace che non sorga come frutto
dello sviluppo integrale di tutti, non avrà nemmeno futuro e sarà sempre seme
di nuovi conflitti e di varie forme di violenza” scrive Papa Francesco
nell’Evangelii Gaudium (n. 219). Può apparire difficile e faticoso ma solo così
si vive da cristiani.
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