08/07/10

Fascisti o Comunisti...ma dov'è la Differenza ?

Talvolta in accanite discussioni, in cui affermo che FASCISMO e COMUNISMO, se una persona è attenta alla Storia e Leale, non può non notare che esse sono Facce della stessa Medaglia, alcune persone si Scandalizzano. E' lo stesso. Qui riporto i fatti di un paio di cosucce in merito. Dato che il 12 Luglio si ricorda un evento Tragico delle Nostre parti. Riporterò magari il 16 Gennaio qualcos'altro. Chissà chi è l'assassino di Don Venturellli...Intanto una sintesi del Tragico Eccidio del 1944. Poi..leggere in fondo.

Fonte: http://www.mascellaro.it/node/366

Il libro - "La strage di Fossoli"
di Gianni Fossati

Nella terminologia delle SS il campo di Fossoli era un “Polizei und Durchgangslager”, ovvero un campo di transito della polizia. Non un campo di sterminio ma un campo di raccolta per detenuti politici ed ebrei. Tuttavia, nell’immaginario collettivo Fossoli è stato spesso accomunato ai campi di sterminio tedeschi, questi sì una novità assoluta nella storia della criminalità umana.

In verità, per un solo giorno, Fossoli fu davvero un campo di sterminio: il 12 luglio 1944, quando un commando giunto appositamente da Verona massacrò 67 detenuti politici. Il secondo eccidio delle SS per numero di morti, dopo quello delle Fosse Ardeatine.

Per quasi sessant’anni è stato individuato come presunto responsabile un unico ufficiale, Karl Titho, che anche dopo l’archiviazione del procedimento da parte del Gip della Spezia nel 1999 ha continuato ad essere indicato come il vero colpevole.

La ricerca archivistica si è rivelata uno strumento valido per ricostruire la dinamica degli eventi e per dare un nome ai veri responsabili ed esecutori materiali.

Un’indagine storica che fa luce su un’altra strage per la quale, come a Sant’Anna di Stazzema, si è accusato per decenni un ufficiale estraneo ai fatti. Un ennesimo eccidio impunito.

Si deve infatti allo studioso Paolo Paoletti che da circa vent’anni si dedica alla ricerca storica la possibilità di smascherare i veri colpevoli della strage nazista: il comandante delle SS di Verona generale Wilhelm Harster, Fritz Kranebitter, Karl Muller e Fritz Ehrke .

Il suo metodo d’indagine ha abbinato il puntiglioso lavoro d’archivio alle interviste dei testimoni oculari mettendo a confronto fonti scritte e orali. Secondo l’autore la strage è anche l’esempio più eclatante del mancato coordinamento tra polizia investigativa inglese e italiana negli anni che vanno dal 1945 al 1948. Basti pensare che Ehrke venne rilasciato a Roma nel 1947, dopo aver sottoscritto una dichiarazione in cui ammetteva di aver partecipato al massacro del poligono del Cibeno di cui indicava i responsabili. Mullur invece conservò gelosamente sino al 1946 l’ordine di esecuzione ricevuto dal superiore Kranebitter.

Nei fatti la strage di Fossoli (Ugo Mursia Editore) è stata dimenticata, al di là dei monumenti, dei discorsi ufficiali, delle corone d’alloro e dei progetti di facciata. Ormai i familiari superstiti dei martiri che partecipano alle cerimonie sono pochissimi e l’archiviazione del fascicolo Titho è passata ovviamente sotto silenzio. Il comune di Carpi e i mass media che a gran voce, per sessant’anni, avevano chiesto la sua incriminazione sono rimasti spiazzati e hanno mantenuto un imbarazzante silenzio. Sulla causa dell’eccidio, secondo l’autore, l’ipotesi più verosimile è che le SS abbiano scelto di uccidere i detenuti accusati di delitti che prevedevano la pena capitale: tra essi molti leader della Resistenza moderata provenienti dal carcere di S. Vittore di Milano e il comandante dei Volontari armati italiani, il capitano di fregata Jerzy Sas Kulczycki.

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Poi del Fascismo e del Nazismo sappiamo tanto.


Cos'era invece L' Apparato paramilitare del PCI ? (Fonte: wikipedia)

Era una struttura paramilitare di natura clandestina, presumibilmente organizzata nel 1945 e sciolta nel 1974, costituita da ex partigiani e militanti del Partito Comunista Italiano.

Prima fase: 1945-1954

La formazione dell'apparato paramilitare
Secondo le ricerche di Gianni Donno (consulente della Commissione Mitrokhin e Professore ordinario di Storia contemporanea presso l'Università di Lecce), al momento del disarmo delle disciolte formazioni partigiane imposto dagli alleati, le armi più moderne ed efficienti non furono restituite.Venne invece costituito un nucleo di azione clandestino, con base soprattutto nel centro e nel nord del paese (teatro della guerra di liberazione dopo l'8 settembre), nucleo costituito in maggioranza di ex-membri delle brigate partigiane «Garibaldi». Tale forza clandestina sarebbe stata direttamente dipendente dalle strutture dirigenti del Partito Comunista Italiano, in particolare da Pietro Secchia, braccio destro di Palmiro Togliatti .
Secondo i dirigenti del PCI tale forza poteva essere utilizzata con successo in un intervento armato volto alla costituzione di uno stato comunista in Italia, che doveva essere appoggiato da un sollevamento della popolazione. In seguito agli accordi di Jalta avvenuti nel febbraio 1945, l'URSS avrebbe tuttavia considerato che, se fosse scoppiata in Italia una guerra civile, i Paesi occidentali sarebbero intervenuti in forze. E l'URSS non era ancora pronta per fronteggiare un confronto con l'Occidente.Mosca indicò quindi a Palmiro Togliatti quale dovesse essere la nuova linea strategica da tenere Il fatto che Mosca fosse costantemente informata dell'esistenza della forza paramilitare è confermato in un rapporto dell'ambasciatore sovietico ai suoi superiori, 15 giugno 1945, il quale riferisce che "i partigiani del Nord continuano a nascondere le loro armi".L'organizzazione fu approntata al momento della smobilitazione delle formazioni partigiane ufficiali, nel 1945 .La prima relazione "occidentale" conosciuta sull'articolazione dell'organizzazione venne redatta a Milano, nel (febbraio 1947), dal console degli USA:

« A capo dell'apparato vi sarebbero Longo, Sereni e Grieco, a loro volta comandanti dalla sezione Comintern di Lubiana-Ginevra-Lisbona. Le operazioni militari sono gestite dall'ex-partigiano Cino Moscatelli. L'articolazione interna è suddivisa in vari nuclei e settori comandati dalla legazione sovietica in Milano di Via Filodrammatici 5.[5] »


Secondo le fonti americane la forza così costituita avrebbe contato tra i 130.000 e 160.000 miliziani, mentre altre stime ritenute più attendibili valuterebbero circa 77.000
L'organizzazione paramilitare comunista avrebbe ottenuto aiuti di uomini, armi e mezzi dalla Jugoslavia e sarebbe stata guidata da combattenti addestrati dai sovietici o da ex-comandanti partigiani.. Secondo altre fonti l'apparato ebbe contatti anche con la Politická škola soudruha Synka, formazione armata attiva in Cecoslovacchia .Che le strutture paramilitari del partito fossero finalizzate a compiti offensivi lo dimostra il fatto che i militanti comunisti italiani venivano militarmente addestrati oltre cortina a tre livelli (guerriglia, sabotaggio, intercettazione), del tutto sproporzionati se si accettasse l'ipotesi dei soli compiti difensivi
La struttura paramilitare del Pci fu predisposta al fine di sostenere una possibile insurrezione armata; ad operare come "quinta colonna" in caso d'attacco da parte dell'Unione Sovietica sul continente europeo .
Il 28 novembre 1947 si verificò uno degli episodi più gravi di quell'anno, descritto da alcuni cronisti dell'epoca, ma anche dagli storici successivi, come una vera prova di colpo di stato. A Milano Giancarlo Pajetta organizzò l'occupazione della prefettura, adducendo come motivazione la rimozione del prefetto Troilo, ultimo tra i prefetti politici della Resistenza ancora in carica. Il ministro dell'Interno, Mario Scelba non esitò a conferire pieni poteri all'esercito; la decisione finale del governo, invece, fu di trattare. Venne inviato a Milano l'on. Marazza, conosciuto e ben visto dai partigiani, il quale ottenne lo sgombero della prefettura senza spargimento di sangue. «Non si può negare che si trattò comunque della prova della tenuta della DC di fronte a situazioni di rottura»
Una seconda prova, questa volta di azione di massa, venne messa in atto poche settimane dopo con lo sciopero generale della FIOM proclamato a Roma l'11 e 12 dicembre 1947.Il 5 febbraio 1948 il governo emanò nuovi provvedimenti per l'ordine pubblico. In particolare pene più severe per i detentori di armi e per le manifestazioni che vedono l'uso di armi o di esplosivi; inoltre, il divieto assoluto di dar vita ad associazioni paramilitari e la condanna per omessa denuncia dell'ospitalità data agli stranieri .
Dal 1948 al 1954
Il 1948 fu un anno cruciale per la stabilità politica dell'Italia. In quell'anno elettorale avvenne il primo determinante scontro tra le forze centriste (in primo luogo la Democrazia Cristiana) e quelle della sinistra, coalizzate in un'alleanza social-comunista, denominata Fronte Democratico Popolare creata per vincere le elezioni politiche del 18 aprile.Il Fronte era dato nettamente per favorito, come confermarono alcune elezioni locali tenutesi nei mesi precedenti nel centro Italia e vinte largamente.Tra i due schieramenti non c'era riconoscimento reciproco. Il PCI credeva fermamente che la DC non avrebbe riconosciuto la probabile vittoria. L'apparato paramilitare fu quindi tenuto in stato di allerta per tutta la durata della campagna elettorale, pronto ad intervenire nel caso in cui la vittoria elettorale del Fronte popolare fosse stata negata dalle forze avversarie. Nell'imminenza delle elezioni Togliatti chiese un incontro con l'ambasciatore sovietico Kostylev per chiedere «se si deve, nel caso di una o più provocazioni da parte dei democristiani, iniziare l’insurrezione armata delle forze del Fronte democratico popolare per prendere il potere». Nel corso del colloquio, che ebbe luogo il 23 marzo in un luogo segreto fuori Roma, riferì che i membri dell'apparato paramilitare erano stati allertati (soprattutto nell'Italia settentrionale), rassicurandolo sul fatto che prima di lanciare un'eventuale insurrezione armata avrebbe chiesto il consenso di Mosca. La risposta del governo sovietico giunse il 26 marzo: Mosca fece sapere che soltanto in caso di attacco alle sedi del PCI i militanti avrebbero dovuto imbracciare le armi, ma «per quanto riguarda la presa del potere attraverso un'insurrezione armata, consideriamo che il PCI in questo momento non può attuarla in nessun modo».Alle elezioni politiche del 18 aprile la Democrazia cristiana vinse con il 48,5% dei voti, battendo il Fronte popolare, che si fermò al 31%. La sconfitta fu un duro colpo per le forze social-comuniste, soprattutto per le proporzioni con cui si verificò.
La regola di obbedienza a Mosca rischiò di incrinarsi in occasione dell' attentato a Palmiro Togliatti, compiuto il 14 luglio dallo studente Antonio Pallante.L'organizzazione paramilitare del partito ritenne che fosse giunto il momento di agire, tutto il Paese fu teatro di disordini. Vennero occupate fabbriche ed edifici pubblici, furono attuati blocchi stradali, scioperi, requisizioni di mezzi militari, assalti alle forze dell'ordine, con un bilancio di morti e feriti
Dall'ospedale, il capo del PCI mandò un messaggio ai propri compagni di partito: «State attenti, non perdete la testa» Il gruppo dirigente comunista, riunitosi la sera stessa, ribadì il no ad ogni ipotesi di insurrezione armata, che pure aveva cominciato a manifestarsi. Di quella riunione non esiste tuttavia alcun verbale: secondo la testimonianza del figlio Matteo, fu Pietro Secchia a dare le direttive per bloccare ogni tentativo rivoluzionario, argomentando che «non vogliamo la guerra civile, anche perché non la vogliono i nostri amici» .Lo stesso Secchia indicherà la posizione del PCI riguardo la ipotesi insurrezionale in un dettagliato resoconto di quelle giornate:

« Il compagno Togliatti ha avuto occasione di spiegare ripetutamente e l'ultima volta alla Camera nel suo discorso del 10 luglio 1948 che "quando un Partito Comunista ritiene che le circostanze oggettive e soggettive pongono all'ordine del giorno la necessità per le forze popolari avanzanti di prendere il potere con le armi, cioè con un'insurrezione, esso proclama questa necessità, lo dice apertamente. Così fecero i bolscevichi nel 1917 e marciarono alla insurrezione a vele spiegate, così abbiamo fatto noi comunisti italiani a partire dal settembre 1943, senza nascondere a nessuno la via che avevamo presa e proponevamo al popolo" "Non si portano - ha detto giustamente il compagno Longo nel forte discorso alla Camera - milioni di uomini alla battaglia e alla vittoria con circolari segrete e ridicoli piani K". Per mobilitare e portare alla lotta armata milioni e milioni di uomini, anche quando le circostanze oggettive e soggettive pongono all'ordine del giorno tale necessità, occorre che l'appello alle armi sia lanciato apertamente a tutto il popolo. »


Nella riunione del Consiglio dei Ministri del 29 luglio 1948 si affermò:

« Il tentativo insurrezionale c'è stato, tanto che a Milano i carabinieri hanno fatto denunce per atto di insurrezione contro i poteri dello Stato. Dopo aver visto in un'ora assumere dai comunisti posizioni di battaglia, non si può negare l'esistenza di programmi prestabiliti. »

(Aldo G. Ricci, «I timori di guerra civile nelle discussioni dei governi De Gasperi», in (a cura di) Fabrizio Cicchitto, L'influenza del comunismo nella storia d'Italia, Rubbettino, 2008, pag. 86.)
Nella successiva riunione del Consiglio dei Ministri, Mario Scelba, titolare degli Interni, portò un'imponente documentazione che mostrava non solo i reati compiuti dai singoli, ma rendeva evidente che essi poggiavano sull'esistenza di una rete organizzata. Si pose il problema di un partito, quello comunista che, con la sua organizzazione ed i suoi metodi di lotta politica, si allontanava da un piano di legalità. La questione della messa al bando del partito venne chiusa dal presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi, che si mostrò subito contrario l'ipotesi
Che l'organizzazione fu mantenuta in vita anche dopo la mancata presa del potere nel 1948 lo dimostra un rapporto del Sifar. L'ampia relazione, datata 28 febbraio 1950, descrive nel dettaglio la struttura di comando dell'organizzazione, suddividendola per regioni
I capi politici che sovraintendevano all'apparato militare erano Luigi Longo (per le formazioni garibaldine), Sandro Pertini (per le brigate "Matteotti"), Emilio Lussu (per le formazioni "Giustizia e Libertà"), Ettore Troylo (per gli indipendenti), Arnaldo Azzi (per le formazioni all'estero).I capi militari erano indicati in Arrigo Boldrini, Ilio Barontini, Gisella Floreanini, Fausto Nitti e Mario Roveda "I documenti attestano in modo inequivocabile che l'organizzazione paramilitare era parte integrante del partito e rimase subordinata alla sua autorità"

Seconda fase: 1955-1974

Dopo la costituzione nel 1955 del Patto di Varsavia, il PCI decise di riorganizzare il suo apparato militare clandestino, formando squadre ristrette di specialisti addestrati nei campi oltre Cortina, destinate a fungere da "quinte colonne" a sostegno di forze d'invasione del Patto .Al vecchio esercito di massa di derivazione partigiana si sostituì una struttura più agile e coesa. Parallelamente, nel partito la responsabilità dell'organizzazione passò dalle mani di Secchia a quelle di Giorgio Amendola.
Nel 1958, documenti di Questure e Prefetture dimostrano che l'organizzazione, alla fine degli anni Cinquanta, era ancora in vita.Solo a partire dagli anni sessanta la struttura perse importanza strategica; fu quindi lasciata ad un lento, ma continuo, declino. I depositi di armi esistenti furono liquidati dai detentori, senza peraltro chiederne l'autorizzazione alle forze di polizia

Documenti, ricerche ed inchieste sulla struttura militare clandestina del PCI in Italia

Dossier del Sifar
Il primo documento in possesso del Ministero dell'Interno sull'organizzazione clandestina del PCI è il dossier del Sifar (allora servizio segreto militare), risalente al febbraio del 1950. Nel documento sono riportati i nomi dei quadri dirigenti e gli obiettivi da colpire, la dislocazione delle forze in campo regione per regione, le strutture d’appoggio. Secondo il Sifar , nel dopoguerra il PCI poteva contare su un esercito occulto di 250 mila unità, che sarebbero quadruplicate in caso di invasione da Est da parte delle forze del Patto di Varsavia.
La rivelazione de L'Europeo: la «Gladio rossa»

Con la caduta del muro di Berlino e la successiva dissoluzione dell'Unione Sovietica è stato possibile accedere a documenti in precedenza coperti da segreto che provano l'esistenza di un'organizzazione segreta composta da fiancheggiatori del Partito Comunista Italiano con l'appoggio del KGB. Tale apparato esclusivamente operante in Italia, ma presente in modo autonomo in altri paesi occidentali senza legami reciproci, sarebbe stato organizzato immediatamente dopo la fine della seconda guerra mondiale e ristrutturato circa un decennio dopo con forti riduzioni degli organici

Su questo aspetto nascosto della storia comunista si sono cominciate ad avere notizie più approfondite a partire dal 1991 per uno scoop del settimanale L'Europeo. L'articolo, uscito nel n° 22 del 31 maggio, s'intitolava Di Gladio ne esisteva un'altra: quella rossa. A partire da questo momento l'apparato paramilitare del PCI è stato giornalisticamente denominato Gladio rossa.
Firmata da Romano Cantore e Vittorio Scutti, l'inchiesta rivela quanto segue:«Suddivisi in nuclei autonomi, ognuno dei quali composto da dieci elementi, i gladiatori rossi erano distribuiti in tutte le più importanti federazioni provinciali del partito, dove figuravano come semplici attivisti. Ma solo gli uomini dell'ufficio organizzazione conoscevano il loro vero ruolo e potevano mobilitarli e provvedere a mantenerli in addestramento. Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Liguria e Toscana erano le regioni dove esisteva il massimo concentramento di gladiatori rossi».«I depositi clandestini di armi erano in caverne, casolari abbandonati e cimiteri».
L'articolo comprende un'intervista a Siro Cocchi, ex dirigente della federazione fiorentina del PCI.Cocchi rivela che i membri del partito chiamavano la struttura Vigilanza rivoluzionaria. Cocchi sostiene che l'organizzazione avesse solo compiti difensivi. Nei primi anni dopo la fine della guerra, in Francia era stato arrestato uno dei segretari del PCF, Jacques Duclos; i comunisti erano stati messi fuori legge in Grecia. L'organizzazione doveva proteggere i dirigenti del PCI in caso di messa al bando del partito in Italia.Per quanto riguarda chi dava gli ordini, Cocchi premette che «PCI e Vigilanza si muovevano su due piani paralleli, senza alcun punto ufficiale di contatto».Poi aggiunge che i capi della Vigilanza «erano i dirigenti dell'ufficio organizzazione, diretto fino al 1955 da Pietro Secchia, vicesegretario generale del partito e fautore della lotta armata. Con lui c'erano ex partigiani di grande esperienza militare e clandestina come suo fratello Matteo». Poi Cocchi elenca alcune personalità locali; l'elenco finisce con «Pietro Verga, uno dei vice di Secchia, e Giulio Seniga, ex partigiano della Val d'Ossola, braccio destro di Secchia».
L'anno in cui ci si avvicinò di più ad imbracciare le armi fu il 1948, non solo per le elezioni politiche, ma anche per l'attentato a Togliatti. [I capi del partito] «Volevano avere la capacità di difendersi militarmente senza che gli avversari lo sapessero». L'Europeo però fa notare come, «nonostante l'assoluta segretezza, il controspionaggio Usa aveva intuito l'esistenza dell'organizzazione». «Le corrispondenze riservate inviate nel 1950 al Dipartimento di Stato da due agenti che operavano in Italia dicevano che l'armata clandestina del PCI era forte di 75 mila uomini, i quali si addestravano sull'Appennino tosco-emiliano».«Un rapporto del Ministero dell'Interno denuncia che negli anni tra il 1955 e il 1965 vennero ritrovati casualmente 73 cannoni, 319 mortai, 3.500 mitra, 3.700 pistole, 250 mila bombe a mano, molti chili di esplosivi di ogni tipo e ben 109 radiotrasmittenti». A cosa servissero le radiotrasmittenti, lo spiega ancora Siro Cocchi: servivano per comunicare di nascosto con i compagni rifugiati a Praga, cui venivano chiesti «aiuti e consigli per addestrare e tenere in efficienza la macchina militare della Vigilanza rivoluzionaria». Cocchi stesso trasportò per anni con la sua automobile un membro della Vigilanza da Firenze fino al Passo della Futa, punto da cui lanciava i segnali radio in Cecoslovacchia.
Nel numero successivo, uscito il 7 giugno 1991, giungono nuove rivelazioni relative agli ultimi anni dell'organizzazione paramilitare del PCI
Nel 1969 esistevano ancora dei depositi di armi, in luoghi imprecisati dell'Appennino ligure (forse anche nella parte appenninica compresa nella provincia di Pavia);
Luigi Longo era il "capo ideale" dell'organizzazione. Sosteneva in privato che bisognasse "organizzarsi" per resistere contro "un golpe della reazione". Dopo il colpo di stato di Augusto Pinochet in Cile nel 1973, si diffuse infatti nel PCI l'idea che un golpe di destra fosse possibile anche in Italia. Scrive L'Europeo: "La doppiezza comunista ebbe di nuovo una sua grande stagione in quel "radioso" 1973. Da una parte Enrico Berlinguer e il suo riformismo; dall'altra la vecchia base stalinista-partigiana e la nuova, gruppettara-operaista, unite nella paura autoritaria e pronte a reagire militarmente contro le provocazioni "da qualunque parte provenienti
L'inverno 1973-1974 trascorse nella costante vigilanza operativa, uno o due gradini sotto il livello di allarme.

Il 12 ottobre 1974 il generale Vito Miceli, al vertice del SID, il servizio segreto militare, fu arrestato, accusato di cospirazione contro lo Stato. "Secondo la rete informativa del PCI occultata dentro le forze armate, vi era la possibilità di un tentativo autoritario"
Nell'organizzazione clandestina scattò l'allarme rosso. L'ordine di mobilitazione partì l'1 novembre 1974 direttamente da Via delle Botteghe oscure (sede nazionale del PCI), emesso dall'ufficio organizzazione del partito. "Tutti i compagni più sicuri dovevano dormire fuori casa, in rifugi insospettabili".Fu dato ordine alle cellule occultate nella Rai e nel Corriere della Sera di sabotare telecomunicazioni e giornale in caso di golpe. I "gladiatori scarlatti" misero sotto tiro il trasmettitore Rai di Monte Penice, mentre i "compagni" nascosti sull'appennino si schierarono nelle zone di rispettiva competenza, ritirando fuori le mitragliatrici Sten e i mortai.Tutto ciò fu fatto all'insaputa di Enrico Berlinguer e di molti dirigenti regionali a lui fedeli. Quando il segretario venne a sapere della mobilitazione, ordinò un'inchiesta. E alla fine dell'indagine Berlinguer decise di sciogliere le "Commissioni antifascismo" (dietro le quali si celavano gli uomini dell'apparato paramilitare del partito). Era il novembre del 1974.

L'inchiesta della Procura di Roma

A seguito delle rivelazioni del settimanale L'Europeo, la Procura della Repubblica di Roma ha deciso di avviare un'inchiesta (8393/92 poi 8393/92B), che si è protratta dal 1991 al 1994. I PM Luigi de Ficchy e Franco Ionta hanno potuto indagare solo su fonti di tipo indiretto, in cui l'organizzazione è descritta nella sua articolazione generale. Da esse non è stato possibile individuare reati attribuibili a singole persone. Eventuali richieste di rinvio a giudizio per banda armata si sarebbero comunque scontrate con i tempi di prescrizione, già ampiamente scaduti. L'indagine si è conclusa nel maggio 1994 con la proposta di archiviazione.Nella richiesta si legge anche che "l'accertata predisposizione da parte del Pci di meccanismi difensivi in vista del temuto cambiamento del clima politico in Italia" non avrebbe assunto "dimensioni tali da costituire un serio, concreto pericolo per lo Stato"
Rimane peraltro ineludibile che i dossier esaminati dai PM, sia quelli dei servizi sia quelli della polizia hanno dato della Gladio Rossa descrizioni analoghe. Apparve quindi indiscutibile per i due magistrati l'esistenza di una banda armata occulta.Anche il GIP che nel luglio di quell'anno dispose l'archiviazione dell'indagine, Claudio D'Angelo, rilevò come fosse fuori di dubbio che una struttura armata facente capo al PCI sia realmente esistita fin dall'immediato dopoguerra e che molti dei suoi militanti siano stati addestrati al sabotaggio ed alla guerriglia al di là della Cortina di ferro
Della struttura paramilitare del PCI si è occupata inoltre la "Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi" (Commissione stragi), che nel 1998 ha affidato ricerche a Victor Zaslavsky e a Bradley Smith rispettivamente sugli archivi del KGB e della CIA.
Le relazioni della "Commissione stragi"
Nel 1999 venne divulgato da parte della stampa inglese il cosiddetto "dossier Mitrokhin", consistente in una serie di schede trascritte dall'archivista Vassilij Mitrokhin dagli archivi del KGB, relativi alle attività di questo in Italia. Il dossier, conosciuto anche come "materiale" o "rapporto Impedian", venne trasmesso dai servizi segreti britannici a quelli italiani tra il 1995 e il novembre del 1998, e venne quindi inviato dal Governo alla "Procura della Repubblica" e quindi da questa alla "Commissione stragi".
La Commissione stragi ha quindi affidato ulteriori incarichi di ricerca nel 1999 a Victor Zaslavzky e altri, si è inoltre pronunciata a favore dell'istituzione di una nuova separata commissione d'inchiesta parlamentare su questo argomento. La nuova commissione ("Commissione parlamentare d'inchiesta concernente il "dossier Mitrokhin" e l'attività d'intelligence italiana") è stata in seguito costituita nella successiva legislatura nel 2002
Nel 2000 la "Commissione stragi" constatata l'impossibilità di produrre un'unica relazione condivisa, al termine dei suoi lavori, ha pubblicato 18 diverse relazioni firmate da singoli membri o da gruppi di essi, rinunciando a trarne una sintesi unitaria.
La relazione di un altro consulente della commissione, Gianni Donno, consegnata nel 2001 e riguardante la "Gladio rossa", fu trasmessa dal vicepresidente della Commissione stessa, Vincenzo Manca (Forza Italia) alla Procura della Repubblica di Roma: fu aperta una seconda inchiesta che si concluse nuovamente nel 2002 con una richiesta di archiviazione.
Audizione dell'ammiraglio Fulvio Martini
Secondo l'ammiraglio Fulvio Martini, già direttore del Sismi, ascoltato dalla Commissione stragi, lo stesso KGB aveva interesse che in Italia, Paese assegnato dagli accordi di Jalta alla sfera d'influenza statunitense, ci fosse un partito comunista molto forte, ma che questo mai andasse al potere per non sconvolgere gli equilibri ottenuti con gli accordi stessi:

« MARTINI. "Krjuchkov (il capo del KGB) mi disse, ad esempio, che loro erano i più precisi osservanti degli accordi di Jalta. Ed era verosimile per il semplice motivo che i tre paesi confinanti, Polonia, Cecoslovacchia e Ungheria, che si erano ribellati, loro non volevano che fossero aggrediti dalla propaganda americana. A loro faceva comodo che ci fosse in Italia un forte Partito comunista. Mi disse Krjuchkov: il Partito comunista in Italia non arriverà mai al potere perché noi cominceremmo a preoccuparci veramente, visto che è stato assegnato a Jalta agli americani, non è un paese grigio come la Jugoslavia, è un paese bianco; noi arriveremmo persino a prendere misure attive. Misure attive nel gergo dei servizi significa fare la disinformation: introdurre documenti falsi ed altre cose del genere. Quindi loro avevano interesse che ci fosse un forte Partito comunista, ma non che potesse arrivare al potere perché avrebbe turbato l'equilibrio al quale loro tenevano molto, perché secondo loro l'Italia non valeva i tre paesi confinanti, che si erano già ribellati a loro." »

(Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi, 54a seduta, Audizione dell'ammiraglio Fulvio Martini, già direttore del Sismi, su recenti notizie concernenti attività spionistiche collegate a fenomeni eversivi e sul caso Moro
La forza militare clandestina sarebbe stata tuttavia mantenuta per intervenire contro un eventuale opposizione armata ad una legittima vittoria elettorale del PCI: in tal caso sarebbero potuti intervenire in appoggio anche gli eserciti della Jugoslavia e dell'Ungheria senza disattendere gli accordi di Jalta.


Nessuna Mania di revisionismo Storico. Ma son stanco ( o mi son rotto le ..) di sentirmi dire che i BUONI sono a SINISTRA e i CATTIVI a DESTRA.

W la Gloriosa DEMOCRAZIA CRISTIANA!


Davide Boldrin

6 commenti:

  1. Gloriosa? Non esageriamo! Se vuoi un certo rimpianto per la Dc ed il Pci (passata la bufera dell'immediato dopoguerra) perche' a quelle etichette eravamo in grado di associare immediatamente una ideologia ed una visione della societa'. Ora vi sono reali difficolta' a capire quali visioni sociali vi siano dietro certe sigle politiche . Consiglio : Edmondo Berselli- Quel gran pezzo dell'Emilia. Troverai che "gloriosa" era la nostra "emilianita'" : la capacita' di fare ,di inventare un capitalismo comunista di stare assieme alla festa dell'Unita' ed alla festa della Parrocchia. Seppelliamo gli strasichi della guerra

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  2. Cari nostalgici della guerra fredda di qualsiasi schieramento...

    ...i compagni di pentimenti ne hanno fatti fin troppi dall'89 in avanti, quasi vergognandosi della loro storia che non è fatta solo di quelle cose lette sopra. E' fatta anche di lotte (termine oggi superato... senza nostalgia) che hanno permesso ad ampi strati di popolazione di migliorare le proprie condizioni di vita. E' ora di voltare pagina con queste storie che sembrano ormai il paravento per giustificare divisioni attuali e pensare al presente e soprattutto al futuro... perchè a quello non ci sta pensando davvero nessuno.
    Mi sa che oggi i veri nostalgici del comunismo non sono quelli di rifondazione ma quelli che il comunismo l'hanno combattuto e vinto.

    Ex Novese

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  3. Per quanto mi riguarda, in epoche attuali, sarei d'accordo per un lavoro comune, sullo stile di seguito:
    "L’Intergruppo Parlamentare per la Sussidiarietà nasce nel 2003 come un tavolo di discussione bipartisan ideato per creare un dibattito trasversale sul tema della sussidiarietà, principio inserito nel nuovo titolo V della Costituzione e nelle direttive europee che ha rimesso in discussione i rapporti tra istituzioni e corpi intermedi della società. L’ obiettivo principale del lavoro dell’Intergruppo è promuovere l’iniziativa privata dei cittadini in forme di autorganizzazione per sperimentare un rapporto più evoluto fra programmazione statale e soggetti privati . Le diverse nature politiche dei promotori dell’Intergruppo ne hanno fatto un caso singolare nel panorama italiano, Il promotore, Maurizio Lupi, ha riunito inizialmente gli azzurri Luigi Casero, Angelino Alfano, Gianfranco Blasi, la senatrice Maria Grazia Sestini con Luca Volonté del’Udc , il diessino Pierluigi Bersani, Enrico Letta ed Ermete Realacci della Margherita."

    L'intergruppo stà andando ancora avanti, da ben 7 anni, ma i mass-media non ne parlano mai.

    Un pò come le comissioni consiliari di NOVI.
    Chi sà qualcosa?

    Davide Boldrin

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  4. l'Anonimo il 10 luglio scrive che sarebbe ora di smetterla con la "guerra fredda.... ecc.
    Ma come mai voi sinistri, aqllora apostrofate sempre chi non condivide le vostre idee con parole obsolete e vecchie, come "fascisti", nazisti ecc. Come mai non collaborate MAi nell'approvare qualche riforma? Siete sempre contrari e basta!

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  5. ...quei "sinistri" che parlano di fascisti sono esattamente nostalgici di guerra fredda come te, che dai del "sinistro" a chi non la pensa come te.

    Ex Novese

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  6. Ieri sera s'è chiuso a Carpi la festa nazionale, del Pd (che ha camnbiato nome) per tutta la serata gli altoparlanti ci hanno "deliziato" delle chiacchiere false e ipocrite di Francescini, l'uomo nuovo della sinistra solo due anni fa e che ora pur di sopravvivere, sarebbe disposto a fare comunella con Fini, Casini. Parlava di rinnovamento....e spiegava che il Pd è un grande partito che comprende: ex. Comuunisti, ex, socialisti, ex democristiani, ex liberali, e tutti coloro che sono contro Berlusconi. Ebbene questa "macedonia politica" per Franceschini è il futuro, il Pdl... non lo nominava e parlava di destra, questa destra....!
    Come mai solo la sinistra cambia, si modernizza, ed il resto dell'Italia democratica, liberale, repubblicana, socialdemnocratica, per Franceschini è sempre...la Destra! Perché?

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