07/09/12

Ci sono articoli tecnico-economici romantici. Fanno venire nostalgia dei tempi delle seghe degli anni '80

... chissà cosa può aver capito, uno che legge. Sto parlando di quelle macchine elettriche che tagliano il legno. Mah ...

Era il 1986. Come un mantra i prof. ripetevano a mia madre: " Il ragazzo è un tipo geniale ( dicevano così ...) ma si deve impegnare. Questo "vive di rendita" , e poca. Se solo si applicasse un pochino, ma solo un pochino ! ... ". Di studiare, proprio, non ne avevo voglia. E fu cosi che il babbo, mi mandò a lavorare. E iniziai come apprendista elettricista presso una ditta artigiana che aveva come cliente un gruppo di aziende del settore legno di Limidi. Qui l'articolo in oggetto, successivamente le altre considerazioni autobiografiche :

Fonte: www.voce.it

di Fabrizio  Stermieri



CARPI – C'era una volta il settore delle macchine per il legno, come in una bella favola fatturava ogni anno miliardi (di vecchie lire) e dava lavoro, a Carpi e a Limidi, a centinaia di dipendenti in un comparto alternativo alla monocoltura del tessile-abbigliamento imperante.
Come nelle favole, venne l'orco cattivo (che in termini economici si chiama “crisi di mercato”) ed oggi, di quel comparto produttivo, fiore all'occhiello della Carpi di fine secolo (il ventesimo, beninteso) non sono rimaste che briciole, come nel diciannovesimo poco o nulla restò a Carpi della sino allora fiorente industria del truciolo.
Cento imprese, 5 mila addetti, il 40 per cento del fatturato nazionale del settore: questo pesava nel 1980 il comparto delle macchine per la lavorazione del legno in Emilia Romagna, non tutto Carpi e Limidi, certo, ma Carpi e Limidi ne erano una fetta rilevante.
Oggi, trent'anni dopo, i dati forniti da Acimall, l'associazione di categoria che ha sede ad Assago alle porte di Milano, parlano per il locale comprensorio di poco più di una dozzina di aziende (qualcuna in procedura concorsuale, qualche altra l'ombra di se stessa), di meno di 500 addetti e di un fatturato che nel 2010 ha superato di poco i 110 milioni di Euro in un mercato nazionale che invece nel 2011 ha fatturato 1,7 miliardi di euro destinando all'esportazione un buon 75 per cento e dimostrandosi così, nonostante la recessione in atto, un settore industriale ancora ricco di potenzialità.
«La verità – dichiara Paolo Zanibon, direttore generale di Acimall, quarant'anni di esperienza nel settore – è che le aziende di Carpi hanno perso il treno negli anni Ottanta. Un treno che si chiamava specializzazione e che solo in parte le ha coinvolte. Sono rimaste indietro sul piano dell'aggiornamento tecnologico ed il mercato, sempre più selettivo ed aggressivo, le ha punite».
Zanibon, gli imprenditori della vecchia guardia li conosce tutti, come conosce bene i figli che dopo i padri hanno portato avanti le rispettive aziende pur fra crescenti difficoltà: «Certo – conferma – ho conosciuto Vito Signorino della Sicar e Tullio Stermieri della Steton, aziende storiche carpigiane, come conosco i loro figli e tanti altri della nuova generazione, come Luca Lari di Artiglio, o Arrigo Ghizzoni di Omgatech. Un consiglio valido per il futuro? Difficile avere indicazioni che vadano bene per tutti, più facile e opportuno studiare le situazioni caso per caso, azienda per azienda. Ma la ricetta della specializzazione e di un sempre maggiore contenuto tecnologico vale ancora oggi per tutti. E un altro consiglio che mi sento di dare spassionatamente è quello di puntare anche in modo aggressivo sui mercati emergenti: Brasile, Cina, India e Russia».
I report periodici che Acimall fornisce ai propri associati – anche alle tredici aziende del comprensorio Carpi-Limidi - non lasciano dubbi, sono questi i paesi più interessanti su cui puntare. Francia e Germania rimangono al top della classifica di maggiori importatori dei prodotti made in Italy di settore ma subito dopo in classifica compaiono proprio Russia e Polonia, Cina, India e Brasile scalpitano per scavalcare gli Stati Uniti fra i partner commerciali più interessanti per Carpi.


L'opinione di Ghizzoni (Omgatech)
“Un futuro indecifrabile”

LIMIDI – «Il futuro delle macchine per il legno? Ci vorrebbe la sfera di cristallo e io, sinceramente, non ce l'ho». Gianni Ghizzoni (Omgatech), già presidente di Acimall e di Eumabois, la federazione europea delle associazioni nazionali di categoria, non è ottimista sulle prospettive: «E' soprattutto un problema di mercato – ammette – un mercato incerto e non costante, sulla scorta quale è problematico impostare nuovi investimenti e aggiornamenti. Basti pensare che, globalmente, abbiamo registrato una flessione del 60 per cento rispetto ai volumi d'affari degli anni 2006 e 2007». Ci sono i nuovi mercati, quelli emergenti e i colossi come India e Cina: «Sì, è vero, ma anche la Cina, per esempio, ha diminuito di un 20 per cento i suoi ordinativi e, in termini di quantità, si tratta pur sempre di quantitativi limitati e di specifici macchinari. Il Brasile, altro mercato emergente, ha specializzato la propria industria del legno sul settore dei pannelli di legno piuttosto che su quello del legno naturale massiccio, settore privilegiato dalla nostra industria locale». Visto che anche i paesi arabi che venti, trent'anni fa erano nostri clienti privilegiati hanno abbandonato Carpi, non ci sono prospettive concrete? «C'è qualche spiraglio per il Nordamerica – ammette Ghizzoni – ma sono piccoli segnali. Per il momento proviamo a sopravvivere contenendo i costi ed efficentando al massimo i processi». «Il mercato – afferma Luca Rossetti di Acimall, di ritorno dalla recente fiera specializzata di Atlanta, negli Stati Uniti – cerca macchine più piccole e meno costose, che tuttavia assicurino quel “di più” presente nella tecnologia italiana».



....C'era una volta il settore delle macchine per il legno, come in una bella favola fatturava ogni anno miliardi (di vecchie lire) e dava lavoro, a Carpi e a Limidi, a centinaia di dipendenti in un comparto alternativo alla monocoltura del tessile-abbigliamento imperante....

Avevo 15 anni, allora. Iniziai a lavorare come "garzone" alla CENTAURO. Il lavoro consisteva sia nel cablaggio, che nel collaudo delle macchine ( seghe in catena di montaggio, e torni assemblati a isola ) , oltre alla manutenzione degli impianti, compresi quelli della fonderia. L'ambiente della fabbrica, a quel tempo mi piaceva tantissimo. Ero anche la " mascotte" della Centauro.

 Il "patriarca ", Stefano Benetti , mi portava spesso alle 10 del mattino, panino e coca-cola. Poi c'era "il grigio". Il capo-reparto dei Torni, socialista di ferro. E Carlone, comunista di ferro, caporeparto della catena delle seghe. Dumer, il sindacalista. Al quale un giorno rubai il fischietto che usava per segnalare lo stop, in vista di scioperi o assemblee. Fischiai, e lui si mise a correre come un matto per i reparti, avvisando che non c'era nessuna assemblea, ma che " l'è stè Davide !!!! " ... Marcavo il cartellino, al mattino, quasi sempre "rosso", e recuperavo 15 minuti alla sera. Ai titolari piaceva, in fondo, perché ne approfittavo, o per mettere avanti il lavoro del giorno dopo, o per terminare i cablaggi fino a che " avevo lo schema in testa ". Qualche sindacalista mi riprendeva, per questo : " vot diventer un crumir come al mao ? " Il Mao, non era chiamato così perché comunista, ma perché faceva come i gatti, e stava lì fino a quando poteva. Gli piaceva il suo lavoro. Posso affermare che in fabbrica, "mi son fatto le ossa". E ho tanta nostalgia di quei tempi, in cui nell'ambito del lavoro ci si poteva permettere il lusso di "fare i comunisti". 

Bei tempi. Non per la mia età, ma per come si vedeva in prospettiva. W i "padroni". Che con i loro azzardi, ci han fatto lavorare. Il premier Monti, avrà fatto la Bocconi. Io ho fatto " la fabbrica". E vi assicuro che di cose, in 26 anni di lavoro, se ne imparano. E si è meno astratti. Di solito me lo confermano tutti gli amici usciti dall'università. Basta chiedere. Il vecchio motto " tra dire e il fare, c'è di mezzo il mare ", è assai attuale. E non siamo tutti nati per essere "Dottori". Ma la Fornero, che mestiere ha fatto nella vita ...?

Davide Boldrin

P.S.:

Io non mi sono messo d'accordo con quelli di Confindustria, ma chissà perché, chi ci è in mezzo, " batte sempre lì ":


Lavoro ? Disoccupazione ? Il problema è uno solo. Cari “ Monti boys “, se volete faccio io il Tecnico. Quello lì, vive sulla luna.


link:


http://novigiudiforma.blogspot.it/2012/09/lavoro-disoccupazione-il-problema-e-uno.html


2 commenti:

  1. Parole sante e vere le tue Davide!
    Mio padre mi ha insegnato che il lavoro è sacro, va rispettato e la serietà e l'impegno sono segni di onestà, nei confronti dei colleghi e del datore di lavoro. Io ero rispèettoso degli orari, del mio lavoro, e prtendevo che venissero riconosciute le mie qualità e l'impegno come valore aggiunto.
    Ho cominciato a 15 anni come apprendista, ho smesso a 62 anni come Agente di Commercio. Ho trovato il lavoro che mi piaceva e le Aziende che mi davano la possibilità di gratificare il mio impegno e professionalità. Ho abbandonato le aziende che volevano sottomettermi senza pagare il dovuto! La tessera al partito io non l'ho mai avuta, ad ogni tornata elettorale, davo la mia preferenza da Social-Democratico al leader che più mi ispirava; mai all'estrema sinistra, mai alla destra. Non mi pento delle mie scelte visto che fine e che figure hanno fatto le estreme dx e Sn!

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  2. Ringrazio per la ripresa del mio articolo. Si sa, le favole non tramontano mai, i cicli produttivi si.
    f..s

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