13/09/12

Scuole e terremoto. Nulla sarà più come prima, però, la Vale Bedin ...




Per il "però" si legga l'editoriale su NOTIZIE , di Valentina Bedin ( ... è una mia amica , che ne ha avute di ogni, con il terremoto ... ) , alla fine di questo post.

Partiamo con questo ( fonte: www.voce.it ) :


Viene un groppo alla gola nel pensare a quello che ha rappresentato, per ciascuno di noi, entrare a scuola per la prima volta, se lo si paragona a ciò che attende, invece, tanti bambini di Prima elementare di Carpi. Che il 17 settembre (a Novi il 24) saranno sì puntuali all’ appuntamento con la campanella, ma che dovranno adattarsi al pomeriggio per i doppi turni, o a un istituto che non sarà subito il loro o ad aule sistemate in un container. L’emozione di un momento davvero importante e carico di suggestioni (lo zainetto,i quaderni, le penne, l’astuccio dei colori, tutto odoroso di nuovo, l’attesa di conoscere i compagni e la maestra, il congedo da mamma e papà commossi) resterà un ricordo incancellabile, ma accompagnato da un malinconico senso di provvisorietà. I danni arrecati dal sisma agli edifici scolastici di Carpi e Novi si sono andati via via rivelando pesanti e diffusi. Ma sono niente, al confronto con la perdita di poesia del primo giorno di scuola.

Anche le mie figlie cominceranno il 24. Solitamente ci sono il babbo e la mamma. Una delle due, inizierà le medie ( oggi si dice secondaria ... direttiva di qualche UCCS - Ufficio Complicazione Cose Semplici - ).

E quel che scrive Magnanini nel suo editoriale su Voce, così è. In più quest'anno credo che non potrò neppure accompagnare il primo giorno di scuola, nessuna delle due. Questo in fondo è positivo, perché quel giorno lì, se tutto va bene ( am tac al bali..),  suonerà a campanella lavorativa, anche per me.

Ho sempre affermato che il terremoto è come un lutto. Identico. Quando muore una persona cara, c'è lo choc iniziale. Poi il dolore. Poi c'è il funerale, ci sono i parenti, gli amici, poi ancora per un poco di tempo si vive ancora l'eccezionalità dell'evento.

POI, RICOMINCIA LA QUOTIDIANITA'. Ed è lì che si coglie, come si vive.

Fonte: http://www.webdiocesi.chiesacattolica.it/cci_new/s2magazine/index1.jsp?idPagina=11847


Possiamo iniziare un nuovo anno 
di scuola come se nulla fosse accaduto? 

Cammino di conoscenza


Valentina Bedin*



Impossibile, e non solo perché il terremoto ha reso inagibili e inutilizzabili tante delle nostre strutture,
e le scuole non ci sono più. Sicuramente, la mancanza degli edifici sta costringendo ogni dirigente scolastico, ogni collegio docenti, ogni insegnante a una creatività inedita, per riaccogliere migliaia di studenti per cui l’anno scolastico è bruscamente finito il 20 maggio e riprendere un lavoro interrotto da mesi, nella dispersione che il terremoto genera e nell’attesa dell’arrivo, non prima dell’autunno,
delle strutture temporanee destinate ad ospitare le scuole per tanti mesi, o, forse, realisticamente, per
tanti anni. Ma soprattutto impossibile, anzi, inaccettabile, in nome dell’esperienza che in questi mesi abbiamo vissuto. Abbiamo sperimentato la precarietà delle opere dell’uomo, la fragilità della vita, il cambiamento repentino delle circostanze, l’impotenza a salvare ciò che ci è caro. Abbiamo avuto, anche solo forse per un attimo, la percezione di aver perso tutto. Ci siamo accorti che quello che sapevamo, di noi e della realtà, non bastava, non serviva.Ci siamo sorpresi quando un bene inatteso e immeritato si è riversato su di noi, ridotti ad essere solo bisogno, nudo e crudo bisogno. Ci siamo dovuti chiedere in che cosa stava la nostra consistenza più vera, abbiamo dovuto scoprire, all’improvviso e necessariamente, se la nostra persona stava in piedi o se era parte di un mondo che crollava. Nel crollo delle case, delle chiese, dei capannoni, delle scuole sono crollati anche quei
parametri con cui misuravamo il nostro valore di uomini, il valore delle cose uscite dalle nostre mani. Abbiamo percepito la grazia misteriosa di esserci e il dono dell’esserci delle cose e delle persone, abbiamo intuito il valore infinito di quei volti incontrati riconoscendo il comune bisogno e di quei rapporti che sono la vera dimora dell’io di un uomo. Possiamo ricominciare pensando, a dispetto di ogni evidenza, che l’organizzazione sia tutto – perché siamo gente coi piedi per terra! – se la terra sotto questi nostri piedi ha tremato, più e più volte, costringendoci, in un sussulto di coscienza, a chiederci chi è l’uomo e chi è Dio? Ad accorgerci che in questa originaria dipendenza e in questa misteriosa comunione - e in nessun’altra cosa - è la verità dell’essere uomo? Possiamo ricominciare un anno di scuola senza tenere conto di questa comune esperienza di uomini? La scuola è luogo di persone, e insegnanti e studenti sono innanzitutto uomini, impegnati in un cammino di conoscenza. Come sarebbe immorale riprendere questo cammino tralasciando questo sussulto di novità nella coscienza della realtà, di noi stessi e di Dio che gli eventi di questi mesi hanno suscitato in noi! L’impeto della ricostruzione e la ribellione alla precarietà che abitano profondamente nel nostro cuore e prepotentemente ci spingono a prendere iniziative non possono prescindere da una profonda riflessione: in questo nostro drammatico tempo la persona è chiamata a mettersi in azione alla luce del suo scoprirsi essere strutturalmente in rapporto con l’Infinito e da questo rapporto, non da altri, rivelatisi così labili, ultimamente definita. E se, in realtà, nella vita di ognuno, i terremoti accadono continuamente, è però evidente che l’evento sismico che colpisce un intero popolo, e la sua terra, e i luoghi della sua convivenza, suggerisce, e forse impone, una riflessione comunitaria. Sarà interessante, per chi vorrà accettare la sfida a questo livello, domandarsi che cosa chiede, in termini di coscienza, di conoscenza e di azione, a una comunità educativa quale è la scuola, la ricostruzione di un luogo di convivenza così decisivo per un popolo. Ci si dovrà chiedere con limpida volontà di evitare risposte ideologiche che cosa fa davvero tale la scuola. A questo passo nuovo, a questa nuova prospettiva ci invita Benedetto XVI nel discorso rivolto ai partecipanti al Meeting per l’amicizia fra i popoli: “Ogni cosa, ogni rapporto, ogni gioia, come anche ogni difficoltà, trova la sua ragione ultima nell’essere occasione di rapporto con l’Infinito, voce di Dio che continuamente ci chiama e ci invita ad alzare lo sguardo, a scoprire nell’adesione a Lui la realizzazione piena della nostra umanità. «Ci hai fatti per te – scriveva Agostino – e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te» (Confessioni I, 1,1). Non dobbiamo avere paura di quello che Dio ci chiede attraverso le circostanze della vita”. Il coraggio di non tradire quella che in questi mesi ci è apparsa come una verità più profonda, più autentica, che ha drammaticamente rotto ogni misura solita, potrà rendere il lavoro di quest’anno, pur nelleinevitabili e anche insospettabili difficoltà, una grande occasione di riscoperta di ciò che vale e per cui vale la pena lavorare insieme, una vera avventura di conoscenza.

* insegnante presso
l’Istituto Galilei di Mirandola



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